Premio Minchia Salata 2013, opera dello scultore Pepelion – collezione privata (*)
Pochi giorni fa, mentre ascoltavo la radio, dove parlavano dei fannulloni che bollano in mutande, lo speaker ha letto un messaggio, inviato da un dirigente, con scritto: “Non siamo mica dei secondini!” Intendendo con questo il fatto che loro non sono lì per controllare. Eccolo lì, l’esempio fatto e finito di quello che cercavo! Uno laureato, con un buon lavoro – e il culo al caldo – che pensa solo a se stesso e vuole solo gli onori e non gli oneri della sua posizione; uno di quelli che sicuramente non è mai stato forgiato da un educatore calcistico come il nostro Coach del mercoledì del calcetto.
Il Coach è quello che al giovane ingegnere, uso a tirar pacchi e lasciarci in nove, fece portare la borsa del calcetto e quando fu nello spogliatoio gli disse: “Oggi tu non giochi.” Così lo fece venire al campo per niente, facendogli scontare le volte che ci aveva rovinato la partita. Oppure come quella volta che il portiere continuava a fare papere per lo scarso impegno e concentrazione e lui andò alla panchina, prese un borsone e lo pose in mezzo alla porta dicendo al portiere: “Vai a sederti in panchina, al posto del borsone, che tanto in campo fate lo stesso effetto!”. Un altra volta, quando il tempo minacciava pioggia per l’ora della partita, ben cinque giovani ingegneri chiamarono per dire che non si sarebbero presentati al campo. “Da quando in qua, chi pratica il calcio non si presenta al campo per due gocce di pioggia?” “Ma voi potete giocare!” replicarono sorpresi i fenomeni, paventando – in virtù delle lauree a pieni voti, i curriculum di eccellenza e i prestigiosi master al loro attivo – la cosa più triste (e cretina) della storia: una partita di calcetto giocata in cinque! Cioè, immaginate: come giocare a ping-pong da soli. A quel punto, il Coach gli ha fatto pagare la quota loro e anche quella degli altri, perché in quei casi il campo deve essere pagato comunque per intero. Attenzione, non lasciatevi ingannare, stiamo parlando del mercoledì del calcetto, un attività spontanea fatta di semplice passione, che favorisce l’aggregazione tra colleghi, e non del calcetto dei capi: perché a quello, non manca mai nessuno!
Colpisce la leggerezza con la quale questi ragazzi dimostrano di fregarsene degli altri e non sappiano sentirsi parte di un gruppo o di una squadra, esattamente come quel dirigente del messaggio alla radio. Agire solo per i propri obiettivi personali e far finta di non vedere cosa accade nello “spogliatoio” non è un bel modo di interpretare il ruolo del leader, che spetta ad un laureato. Non fa nemmeno bene all’azienda e favorisce le ingiustizie, le iniquità e il malcontento. Nell’esempio che vi ho raccontato parlo di piccole cose, solo partite tra scapoli e ammogliati, identificabili però come segnali deboli e premonitori che le cose prenderanno una cattiva piega. Pensiamoci e ci accorgeremo di quante volte ci lasciamo fregare dalle apparenze, dalla paura di guardare dietro la facciata, per una certa omertosa e reverente connivenza col sistema che ci governa, in qualsiasi contesto.
Il Coach, invece tira dritto per la sua strada, come L’ultimo dei Mohicani e continua a profetizzare quell’educazione calcistica – spesso metafora della vita di questo blog – sbraitando sui campi di calcetto con quelle rape, apostrofandoli nello spogliatoio e durante la partita, tanto che son molli: “Siete solo delle minchie salate!” Dice loro. “Perché?” Chiedono i pivelli. “Perché quando piove, il sale si scioglie e di voi ci rimane solo la minchia che siete!” Ecco, è proprio così, anche nella vita: per taluni, che hanno o magari avranno, posizioni di responsabilità, il tempo è proprio come l’acqua piovana.
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(*) Foto di copertina: riconoscimento assegnatomi durante le premiazioni della cena del gruppo nel 2013, per avere tirato due pacchi consecutivi al mercoledì del calcetto. In realtà, non fu per colpa mia, perché venni precettato dalla moglie, ma il Coach e il suo cerchio magico, non vollero sentir ragione. Un contenzioso ancora aperto presso la Corte Internazionale dell’Aja ed una brutta pagina di sport.
Il dirigente è uno che timbra in mutande da una vita, ma con la tessera di partito nel taschino. Altro che secondino.
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In ogni caso è un premio col suo peso.
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In pratica chi è responsabile vuole il culo al caldo, vuole lo stipendio da responsabile, ma NON vuole la responsabilità.
Facile, no?
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Quello che volevo anche dire, avendo un po’ di esperienza è che li puoi individuare già da “piccoli”…
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Piccoli paraculi
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eh, eh, eh…
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Rivendico la paternità della frase “Perché quando piove, il sale si scioglie e di voi ci rimane solo la minchia che siete!” Il coach ti confermerà che la fece sua.
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Beh…. non è mica da tutti ricevere un premio così!
Solo non oserei pensare alla vita che ha fatto quel vibratore là dentro: pensi che l’abbiano comprato nuovo per farti il trofeo?
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Sì, han perfino fatto la colletta, i bastardi…
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A dire il vero non l’ho mai aperto, ma dev’essere uno di quei giochini con la carica a molla…
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Sei troppo simpatico! È anche i tuoi amici lo sono! Buona domenica e ogni tanto vieni a trovarmi!
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Il lavoro e i suoi contorni rappresentano una parte importante della propria vita, meglio prenderla con un sorriso.
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Già!
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